venerdì 23 maggio 2014

Epilogo: Alfa ed Omega

alfa: rieccomi. Non riesco a stare lontano da te.

omega:neppure io da te. È semplicemente impossibile.

alfa:.......

omega: sei triste?

alfa: no, penso di aver guardato una mio amico.......

alfa: l'ho incontrato e mi ha detto che nonostante abbia seguito tutte le cure dovrà morire.  Ma era contento.....
Teneva per mano suo nipote.

omega: dunque. ......

alfa: ho pensato a come è stato ed a cosa ha vissuto ed cosa ha provato durante la sua vita. Ho pensato a come si sentiva stringendo suo nipote. ....vivo.
Ho sentito come si sentiva ho pensato come pensava.

omega: lo hai guardato. .......nella sua interezza.

alfa: per guardare le persone devi conoscerle?

omega:a volte non serve altre è indispensabile.  Guardare vuol dire fare quello che hai fatto.....

alfa: capire cosa sentono......no sentire con coscienza cosa sentono ed abbinare quello che vedo a quello che sento in loro......

omega:......è difficilissimo. ....devi abbandonare un pò di te, tutti i  preconcetti ed i tuoi schemi. Placare i miei sentimenti è fondamentale.
omega: ......se guardi te stesso cosa vedi?

alfa: per guardare me stesso devo saper crescere costantemente e devo sapermi guardare da fuori.

omega: nel momento stesso in cui lo dici sei cresciuto e continui a farlo. Fin ora hai posto gli occhi in questo specchio vedendo e non guardando. Ora guardi te stesso ed io non posso insegnarti altro. L'Alfa raggiunge l'Omega e formano un ciclo infinito. Guardaci perché siamo uno.

alfa: tu sei me ed ora mi seguirai fuori da questo specchio finché la vita mi consentirà di vivere. Tutte le volte che vorrò crescere guarderò gli altri come in uno specchio e cercherò di aiutarli a far arrivare l'Alfa nel l'Omega.
Ti dico addio perché siamo eternamente Uno.

lunedì 19 maggio 2014

Il bambino con il cappello magico

Il cappello magico.
In molti lo volevano, poteva esaudire un desiderio per ogni persona.
Eppure era solo un semplice cappello e nemmeno tanto bello. Una di quelle bustine militari, fatte di panno grigio e marrone.
Era troppo importante e fu deciso di darlo a chi ne avrebbe fatto un buon uso.
Fu dato ad un importante dottore, che aveva fatto grandi scoperte ed inventato tante medicine.
Il dottore chiese di poter creare tanti ospedali in tutte le parti del mondo e poter curare tutte le persone.
Et voilà, in ogni parte del mondo spuntarono ospedali pieni di dottori e medicine che potevano curare tutte le malattie.
Ma le malattie continuarono ad esistere e le persone soffrivano ugualmente perché c'erano le guerre.
Allora il cappello fu dato all'uomo riconosciuto come il più saggio sulla faccia della terra.
Il saggio chiese di poter scrivere un libro che cambiasse in positivo il pensiero degli uomini e li rendesse più buoni.
Et voilà, tutti gli uomini che lessero quel libro diventarono più saggi e buoni.
Ma la sofferenza continuò ad esistere, come le malattie e le guerre.
Si pensò allora di dare il cappello ad un grande scienziato.
Lo scienziato chiese di rendere le persone intelligenti come lui per renderle migliori.
Ma le cose peggiorarono! I cattivi usarono l'intelligenza per ideare armi micidiali ed i malvagi per poter ingannare i più deboli.
Cosa si poteva fare? La situazione diventava insostenibile con ancora più guerre, crimini e persone che soffrivano.
Si decise che il cappello era troppo pericoloso e quindi fu nascosto nel posto dove più difficilmente sarebbe stato trovato; in mezzo ai rifiuti e ad altri migliaia di cappelli, nelle montagne di spazzatura lasciata dagli uomini.
Un giorno un povero bambino, ultimo tra gli ultimi, magro ma con un grande sorriso, trovò il cappello e per lui era bellissimo.
Lo mise in testa e pensò ".....mi piace proprio questo cappello. Mi fa stare la testa al caldo, come quando la mia mamma mi teneva la testa sulle gambe e mi carezzava la fronte. Se tutti gli uomini pensassero all'amore che hanno avuto e ne dessero altrettanto a chi gli stà attorno..........".
Da quel giorno le guerre cessarono e tutti i saggi, gli intelligenti e gli uomini di medicina fecero del loro meglio per il prossimo fino quasi a far sparire malattie e sofferenze o almeno per renderle tollerabili.

mercoledì 14 maggio 2014

Il secondo incontro: Alfa ed Omega

omega: Ciao Alfa
alfa: Ciao. Sono tornato.
omega: Era inevitabile.
alfa: Bhe eccomi qui. Devo ammettere che ogni tanto mi irriti.
omega: Pure questo è inevitabile, mi dispiace.
alfa: Ho provato a "guardare" come dici te. Non è facile.
omega: Mi fa piacere. Ma esattamente cosa hai provato a fare?
alfa: Osservare gli altri, eliminando paure ed astio.
omega: E' un bel passo!
alfa: E' vero, molto difficile ed a volte impossibile.
omega: Quando ti è impossibile rinunciaci e rassegnati a sentire le cose in maniera strana......deformata.
alfa: Difficile rendersene conto.
omega: Infatti............ma se te ne rendi conto, stai iniziando a guardare.
alfa: Inoltre sono sempre di corsa e mi vengono continuamente chieste cose da fare, da ricordare......
omega: Così non guardi però.
alfa: Se qualcuno mi chiede qualcosa lo guardo per forza.
omega: Questo non è vero, lo vedi e senti cosa ti chiede. Ma non lo guardi......
alfa: Ancora non comprendo e questa cosa mi incuriosisce. Forse non ti spieghi.
omega: Posso provare a spiegarmi ma finché non guarderai veramente non potrai capire. Capirai da solo.
alfa: E allora perché sono tornato da te se posso fare da solo?
omega: Per guardare............
alfa: ..............
omega: Ti stai innervosendo. Torna con calma, lo sai che io sono sempre qui.
alfa: Va, bhé! Ciao! Tornerò......
omega: Si lo farai ed anche presto. Ciao.

Jhon Occhiolungo e Giovannella

Lo "zombo" Jhon e Giovannella.

Su una bella collina accanto un boschetto, sorgeva sempre una meravigliosa luna piena che illuminava il piccolo e curato cimitero costruito sulla sommità. 
In quelle notti usciva sempre dalla sua bara lo "zombo" Jhon chiamato "Occhiolungo". Si annoiava da solo in quel piccolo cimitero perché non c'erano bambini che giocavano con lui.
A dir la verità nessuno giocava con lui perché si spaventavano tutti! E pensare che era uno "zombo" carino e paffutello, aveva ancora tutti i capelli ed i denti in bocca; era solo un pò verde e grigio.
Per sentirsi meno solo si addentrava nel bosco alla ricerca delle persone che si erano perse. Così almeno la sua bruttezza sarebbe servita a qualcosa; faceva scappare le persone in direzione della strada giusta per il rientro a casa. 
Ma lui si sentiva ancora tanto solo!
Un giorno,  o meglio, una notte, camminando nel boschetto, da dietro, un cespuglio vide una bambina.  
Pensò tra se e se di poterla spaventare facilmente ma quando saltò fuori dal cespuglio lei si giro' ed esclamò "Ciao! Mi puoi aiutare?". Jhon rimase come un suo zio scheletro,  intirizzito e muto. "Io sono Giovannella, puoi aiutarmi a trovare la strada di casa? Tu chi sei?".
Lui rispose "Sono Jhon detto Occhiolungo, perché dal cimitero vedo le persone che si sono perse nel bosco. Scendo sempre ad aiutarle."
"Allora sei venuto per me!" disse Giovannella. "Puoi aiutarmi a tornare a casa? Io abito oltre l'altra collina accanto al laghetto".
Jhon accetto' volentieri ed i due si incamminarono parlando e giocando. La luna piena era molto luminosa ed alta; Jhon si mise a guardare Giovannella.  Era una bella bambina con i capelli lunghi e neri, gli occhi intensi e marroni. Jhon notò che la luce della luna dava un tono particolare alla pelle chiarissima di Giovannella, sembrava quasi trasparente. Ed accidenti come era bella!
Si misero a giocare con le lucciole che li circondavano ed a contare i bitorsoli di una grande quercia coperta di muschio.
Poi arrivarono alla collina; era molto ripida e si aiutarono a vicenda per salire. "Io abito nella casa che vedrai una volta in cima....", disse Giovannella. 
Dalla vetta Jhon guardò in basso e rimase nuovamente sbigottito.
La casa era cadente, il tetto sfondato e le finestre tutte rotte!
"Sai da quando il mio babbo e la mia mamma sono andati via nessuno è rimasto con me; eppure non ho fatto niente, mi sono solo ammalata! Ma quando qualcuno mi vede scappa subito urlando".
"Che strano, è successo pure a me", disse Jhon.
Si avvicinarono ed entrarono; la cameretta di Giovannella era spoglia ma c'erano tante foto; una bella bambina con un babbo ed una mamma.
"Jhon vuoi giocare sempre con me? Io sono sola e gioco solo con i pesci del lago".
Jhon annui guardando Giovannella che lo bacio' su una guancia;  "Giocherò sempre con te, perché siamo uguali dentro".
Tutte le notti, ora la luna illumina due bambini che giocano attorno ad una grande quercia.

domenica 11 maggio 2014

Il primo incontro: Alfa ed Omega DIALOGO SURREALE CON QUALCUNO DI IMPORTANTE

alfa: Ciao
omega: Ciao
alfa: ..........
omega: ..........
omega: Mi stai guardando?
alfa: Si certo.....
omega: Non mi sembra.
alfa: Ma se ti guardo negli occhi.
omega: Tu dici? A me non pare.
alfa: Hai dei bei occhi.
omega: Oh....grazie. Sono solo belli?
alfa: Certo che sono belli. Un colore stupendo ed un taglio non comune.
omega: Allora non mi stai guardando.
alfa: Non capisco. Non ti capisco......
omega: Certo che non capisci; non mi stai guardando.
alfa: Mi stai prendendo in giro?
omega: No!
alfa: Allora spiegami perché mi sto innervosendo.
omega: Scusa, non volevo. Più sei nervoso e meno guardi.
alfa: Forse inizio a capire.
omega: Spiega te a me allora. Cosa inizi a capire?
alfa: Se mi innervosisco guardo me e non te. O meglio, la mia rabbia mi impedisce di guardare te.
omega: Bravo. Quindi cerca di non arrabbiarti quando vuoi guardare.
alfa: Grazie. Ho un dubbio però.
alfa: Se mi arrabbio a volte è perché ho paura; anche la paura impedisce di guardare.
omega: Ma sei bravissimo!
alfa: Oh.....grazie.
omega: Ancora non mi stai guardando però.......
alfa: Ci provo. Vedo i tuoi occhi, il tuo viso, il tuo corpo. Cosa dovrei guardare?
omega: Vedi solo quello? Il vedere è una componente del guardare.
alfa: Interessante. Ma ora devo andare via; gli altri mi aspettano.
alfa: Ho un sacco di cose da fare e non ho tempo; gli altri sono molto esigenti......eheh.
omega: Riesci a guardare gli altri?
alfa: A questo punto non saprei.........
alfa: Scusa ma devo andare. Ti ritrovo qui?
omega: Tutte le volte che vuoi.
alfa: A presto allora, ciao.
omega: Ciao.

Il gambero Willy non ha paura di volare.
E' successo in un giorno come tanti. Un semplice laghetto con la sua calma e la sua acqua stagnante, ricoperto di alghe e circondato da tanta erba.
Dentro pochi semplici pesci e qualche gambero.
La vita di un gambero è fatta di cose importanti, cercare tra le alghe, stare lontani dai pesci e dagli uccelli.
Willy rispettava rigorosamente queste regole, come ogni buon gambero, ma amava tantissimo il verde dell'erba; quindi ogni mattina si affacciava al pelo dell'acqua per guardare quel bel verde.
In quel giorno come tanti altri, Willy si affacciò ma ad aspettarlo trovò un bianco airone; per un attimo Willy e l'airone si fissarono negli occhi, in silenzio poi l'airone, con un gesto velocissimo afferrò Willy e sbattendo le ali iniziò a volare.
Willy non si era reso conto nemmeno di quello che era successo ma quando lo fece chiuse gli occhi e pensò che per lui era finita. L'airone lo avrebbe schiacciato con il suo becco oppure lo avrebbe lasciato cadere per frantumarlo oppure lo avrebbe portato al suo nido per farlo mangiare ai suoi piccoli; la sua vita da gambero era finita, niente più ricerche tra le alghe ed il fango.
Willy non riuscì più a tenere gli occhi chiusi.
Quando li aprì fu preso ancora più dal terrore! Era altissimo (per un gambero si intende) e l'airone volava ancora più verso il cielo. Certo il cielo era così azzurro....... Il terreno era sempre più lontano però!
Certo, il laghetto era così piccolo visto da qua........
Cadere a terra sarebbe voluto dire morire però!
Ma l'erba......... quanta erba tutto intorno......e come era verde! Un verde brillante e vivo, che cambiava con la luce!
Ma allora, il mondo era molto più grande di quello che c'era nel laghetto ed intorno!
E tu guarda, gli alberi! Quanti sono e come sono diversi! Quanti colori, quanti colori!
In un giorno come tanti, da un posto che sembrava cucito per lui, Willy ha visto che il mondo non era il laghetto.
"Ma perchè! Che scherzo crudele! Solo la morte mi ha portato qua! Ho paura, tanta paura!!!" Willy gridava (gridava come gridano i gamberi si intende).
"Vorrei avere ali e vedere questo tutti i giorni, perchè non ho ali!"
Fù un attimo, un' ombra veloce, un altro uccello, una cicogna......... puntava al boccone dell'airone.
L'airone sbando!
"No!!!! Ora mi divoreranno in due!!". Willy terrorizzato chiuse gli occhi, sentì un colpo e si senti cadere..........
Era la fine; l'airone cadeva giù e Willy con lui.
Willy sentì un fruscio e poi tanti sussulti. La sua corazza picchiava nelle foglie, poi su un rametto, poi.......
Riaprì gli occhi e si domandava dove era. Si guardò intorno.....il laghetto!! Era lì a due metri e lui era in mezzo all'erba alta. Le foglie dell'albero vicino a lui lo avevano salvato.
Willy guardò il laghetto e si incamminò, poi si fermò. Girò le spalle al laghetto e andò nell'erba e nessuno più lo vide.
In un giorno come tanti, un gambero ha detto:
"Non ho paura di volare........un giorno tornerò ma ora non sò resistere al resto del mondo. Questo è un giorno speciale."

Alla mia Luce.

sabato 10 maggio 2014

Per non dimenticare che la vita è una favola e che dalle favole impariamo. Ogniuno ha la sua e ne può scrivere ampi pezzi insieme a chi decide di accompagnarlo.

Alla mia Luce.

venerdì 9 maggio 2014

Mi chiamano così.

Qualcuno mi chiama così, ma non è il mio vero nome. So raccontare storie.
Qualcuno, la stessa persona che mi ha soprannominato Anselmo,  dice che sono particolarmente bravo a farlo. Quindi, eccomi qua: pronto a raccontarvi le mie storie.